Ogni volta che decido di andare a Trastevere per una passeggiata,
spero sempre di trovare la ZTL di via della Lungara aperta. Da lì, mi basta
entrare nella prima stradina e ritrovarmi in breve su vicolo di San
Francesco di Sales, dove in fondo, ma in fondo in fondo, trovo sempre il
parcheggio che cerco, anche in quei sabato sera più neri, dove i motorini
faticano a passare e le Smart sono in difficoltà come le auto di noi comuni mortali. Parcheggio nel mio angolo di paradiso
e passo a piedi di fronte l’ingresso del carcere. Alzo lo sguardo e vedo il
muro giallo e invalicabile, e so che li dietro, oltre che i sospiri e la
rassegnazione dei carcerati, c’è anche il cupolone di San Pietro, che forse non
lo sapete, ma in linea d’aria sta davvero a poche centinaia di metri. Che poi
parlo facile, a farvi credere che io che San Pietro stava là dietro lo sapevo
da una vita. Mica è vero. Me ne sono accorto solo ora, che leggendo “I Borgia”
di Alexandre Dumas, ho scoperto che a piedi, da Piazza San Pietro a Via della
Lungara, non ci vuole nulla, soprattutto se sei il figlio legittimo di un
futuro papa che deve correre da sua madre ad aggiornala sulla tecnica scelta per
comprare i voti dei vescovi già chiusi in conclave.
Sentite qui: “E’ vero che la sosta non fu lunga, perché appena
ebbe fino di leggere la lettera, o meglio il biglietto ricevuto in modo tanto
misterioso e tanto strano, lo mise nel portafoglio d’argento, e, sistemando il
mantello in modo da coprirsi il viso, riprese di buon passo la strada
attraverso Borgo Santo Spirito e imboccò via della Lungara, che percorse fin
dopo la chiesa di Regina Coeli. Arrivò là, batté rapidamente tre colpi alla
porta di una bella casa, ed essa si aprì subito. Salì in fretta le scale, ed
entrò in una camera dove lo aspettavano due donne, con manifesta impazienza”.
Ed è solo l’inizio di un romanzo, che se
proprio non avete la forza di chiuderlo e cuocervi nell’attesa, divorerete in
un giorno, affamati di curiosità e sapere. Ci son tanti fatti veri ed un pizzico
di fantasia, nell’arte che Dumas ha di raccontare undici anni di una Roma, un’Italia
e un’Europa, dominate dagli intrighi di papa Alessandro VI al secolo Rodrigo
Borgia. Leggerete di come il papa comprò i voti per farsi eleggere, di come la
bella figlia Lucrezia sposò mezza Italia per compiacere la sete di potere del
padre, di come il figlio Cesare, detto il duca Valentino, prima uccise il
fratello e poi soggiogò la Romagna a suon di spada e tradimenti, di come a
Roma, ogni scusa era buona per fare festa: dalla conquista di una città
lontana, al ritrovamento dell’ennesimo cadavere nel Tevere (comunque si, il
papa aveva dei figli, avete capito bene). Non bisogna dimenticare però che Dumas è
francese e se anche non lo sapessimo, dal romanzo, traspare evidente questo suo
ancestrale e genetico patriottismo, che tutto misura, nella scala di valori in
cui il suo paese è sempre la massima vetta di ogni cosa mai fatta e futura. E così
Roma viene descritta come un posto dove nessuno lavora ma tutti mangiano e son
felici, i sovrani francesi sono i più forti e i più onesti dell’emisfero e gli
italiani sono si i migliori generali e strateghi del mondo, ma tanto i francesi
li hanno studiati e superati ormai da tempo.
Detto questo, il romanzo è una
finestra aperta, più o meno fedele, su un passato oscuro e allo stesso tempo
affascinante della nostra storia. Un passato che è in parte lo specchio di
quello che siamo oggi e in parte la causa. Un passato che riecheggia, nel bene
e nel male, in ogni angolo del centro di Roma, che si, sarà sporco, puzzerà di
pipi, sarà pieno di strisce blu, ci saranno i parcheggiatori, la metro farà
cacare, la gente sarà maleducata, le pantegane sono padrone del fiume, domani
andiamo tutti a Berlino perché fa figo eccetera eccetera, ma lì, da millenni, è
passata e passa la storia con la S maiuscola, che è talmente importante che non
si può non conoscere. Anche se abiti a Trigoria e nell’ottobre del 1503, mentre
Pio III diventava papa con i voti comprati da Cesare Borgia, nella tua zona c’erano
capanne, banditi e pecore, venti chilometri a nord il conclave e venti a sud la
malaria. A parte la malaria, nulla è cambiato.