domenica 11 agosto 2013

D'acqua sotto i ponti delle marane n'è passata. E' il resto che è rimasto uguale.


Ogni volta che decido di andare a Trastevere per una passeggiata, spero sempre di trovare la ZTL di via della Lungara aperta. Da lì, mi basta entrare nella prima stradina e ritrovarmi in breve su vicolo di San Francesco di Sales, dove in fondo, ma in fondo in fondo, trovo sempre il parcheggio che cerco, anche in quei sabato sera più neri, dove i motorini faticano a passare e le Smart sono in difficoltà come le auto di noi comuni mortali. Parcheggio nel mio angolo di paradiso e passo a piedi di fronte l’ingresso del carcere. Alzo lo sguardo e vedo il muro giallo e invalicabile, e so che li dietro, oltre che i sospiri e la rassegnazione dei carcerati, c’è anche il cupolone di San Pietro, che forse non lo sapete, ma in linea d’aria sta davvero a poche centinaia di metri. Che poi parlo facile, a farvi credere che io che San Pietro stava là dietro lo sapevo da una vita. Mica è vero. Me ne sono accorto solo ora, che leggendo “I Borgia” di Alexandre Dumas, ho scoperto che a piedi, da Piazza San Pietro a Via della Lungara, non ci vuole nulla, soprattutto se sei il figlio legittimo di un futuro papa che deve correre da sua madre ad aggiornala sulla tecnica scelta per comprare i voti dei vescovi già chiusi in conclave.
Sentite qui: “E’ vero che la sosta non fu lunga, perché appena ebbe fino di leggere la lettera, o meglio il biglietto ricevuto in modo tanto misterioso e tanto strano, lo mise nel portafoglio d’argento, e, sistemando il mantello in modo da coprirsi il viso, riprese di buon passo la strada attraverso Borgo Santo Spirito e imboccò via della Lungara, che percorse fin dopo la chiesa di Regina Coeli. Arrivò là, batté rapidamente tre colpi alla porta di una bella casa, ed essa si aprì subito. Salì in fretta le scale, ed entrò in una camera dove lo aspettavano due donne, con manifesta impazienza”. 

Ed è solo l’inizio di un romanzo, che se proprio non avete la forza di chiuderlo e cuocervi nell’attesa, divorerete in un giorno, affamati di curiosità e sapere. Ci son tanti fatti veri ed un pizzico di fantasia, nell’arte che Dumas ha di raccontare undici anni di una Roma, un’Italia e un’Europa, dominate dagli intrighi di papa Alessandro VI al secolo Rodrigo Borgia. Leggerete di come il papa comprò i voti per farsi eleggere, di come la bella figlia Lucrezia sposò mezza Italia per compiacere la sete di potere del padre, di come il figlio Cesare, detto il duca Valentino, prima uccise il fratello e poi soggiogò la Romagna a suon di spada e tradimenti, di come a Roma, ogni scusa era buona per fare festa: dalla conquista di una città lontana, al ritrovamento dell’ennesimo cadavere nel Tevere (comunque si, il papa aveva dei figli, avete capito bene). Non bisogna dimenticare però che Dumas è francese e se anche non lo sapessimo, dal romanzo, traspare evidente questo suo ancestrale e genetico patriottismo, che tutto misura, nella scala di valori in cui il suo paese è sempre la massima vetta di ogni cosa mai fatta e futura. E così Roma viene descritta come un posto dove nessuno lavora ma tutti mangiano e son felici, i sovrani francesi sono i più forti e i più onesti dell’emisfero e gli italiani sono si i migliori generali e strateghi del mondo, ma tanto i francesi li hanno studiati e superati ormai da tempo.
 
Detto questo, il romanzo è una finestra aperta, più o meno fedele, su un passato oscuro e allo stesso tempo affascinante della nostra storia. Un passato che è in parte lo specchio di quello che siamo oggi e in parte la causa. Un passato che riecheggia, nel bene e nel male, in ogni angolo del centro di Roma, che si, sarà sporco, puzzerà di pipi, sarà pieno di strisce blu, ci saranno i parcheggiatori, la metro farà cacare, la gente sarà maleducata, le pantegane sono padrone del fiume, domani andiamo tutti a Berlino perché fa figo eccetera eccetera, ma lì, da millenni, è passata e passa la storia con la S maiuscola, che è talmente importante che non si può non conoscere. Anche se abiti a Trigoria e nell’ottobre del 1503, mentre Pio III diventava papa con i voti comprati da Cesare Borgia, nella tua zona c’erano capanne, banditi e pecore, venti chilometri a nord il conclave e venti a sud la malaria. A parte la malaria, nulla è cambiato.