Povero Bob, gli ho promesso una
birra e ancora gliela devo offrire. Caro mio Bob, mi eri davvero molto
simpatico ma che personaggio strano. Strano però, non inquietante. Aspirante
scrittore fallito, sognavi e sogni suppongo, di scrivere il romanzo che passerà
alla storia ma non sai che sarai tu a diventare personaggio di una storia. La
mia. Questa estate sono stato a Vienna per la prima volta. Se non ci fossi
capitato casualmente non ci sarei mai andato perché sinceramente non mi
ispirava affatto. Un mio amico mi ha convinto ad andare e ci siamo ritrovati
lì. E’ stato, se non amore a prima vista, quasi. Vienna mi è piaciuta molto. Né
io né il mio amico però avevamo intenzione di spendere cifre enormi per dormire
e quindi ho cercato qualcosa di interessante su Airbnb. Lo conoscete? Nel caso no,
vi spiego velocemente che è un sito in cui ci si iscrive o per mettere a
disposizione la propria casa per ospitare qualcuno o per essere ospitati. A
Vienna è pieno di appartamenti carini affittati a poche decine di euro al
giorno ma io cercavo qualcosa di ancora più economico così ho trovato una
stanza doppia in un appartamento poco fuori il centro storico. La proprietaria
era certa Marlies, caruccetta dalla foto profilo, che per una trentina di euro
a notte ci ha ospitato tre giorni in casa sua.
Caro Michele, Michele è l’amico
con cui ho condiviso il viaggio, ci vediamo direttamente a quell’indirizzo lì a
Vienna. Chi arriva per primo fa le presentazioni e aspetta l’altro. Arrivo per
primo io, così mi avvio verso il numero civico e trovo il citofono. Accidenti,
non è una viletta, è un palazzo. E ci sono solo i cognomi. E questa come cavolo
farà di cognome? Poi non è che ci fosse una targhetta o qualcosa con scritto
“Airbnb? Citofona qui!”. Niente. Provo a collegarmi sul sito tramite telefono e
a cercare un cognome o qualche indicazione su a chi citofonare ma niente, solo
sta Marlies generica. Poi l’illuminazione, ispirata forse da dieci minuti di
maledizioni, appoggiato al portone come un tossico che cercasse lo zoo di
Berlino e avesse sbagliato capitale. Provo a vedere se nella mail della ragazza
c’è l’accenno ad un cognome, e cavolo, c’è. Fiero come se fossi una fusione tra
007 e MacGyver, premo e mi faccio aprire. Il palazzo era sicuramente signorile,
forse 40 anni fa. Adesso ha un ingresso sporco di polvere, con le scale subito
sulla destra e un corridoio di fronte che porta ad un’altra porta, mezza aperta
su un cortiletto interno. Fuori ci sono 35 gradi scarsi, sulle scale 20 e
questo già è un punto a vantaggio del palazzo. Mentre salgo, mi viene incontro
un ragazzotto in camicia a mani corte, rotondetto ma non troppo, che mi sorride
e mi guarda alle spalle cercando l’altro della coppia. Che poi, penso mentre
sto per rispondergli in un inglese improponibile, chissà cosa avrà pensato.
Magari che siamo due gay in viaggio romantico? Vedi? Uno è abituato a pensare
che certe cose non ci siano ma giustamente ci sono. Se io affittassi una camera
di casa mia a chiunque, quel chiunque potrebbe essere effettivamente chiunque,
compreso due gay. Poi vagli a spiegare che siamo amici. Che poi, dico, cosa
gliene importa a lui? Importa a me però, chiarire subito possibili malintesi.
Va bene dai, che poi penso si capisca che non sono gay.
In tutto questo, è
trascorso quel mezzo secondo nel quale ho tradotto a mozzichi e bocconi quello
che mi ha detto e ho elaborato una risposta. “No – dico io – il mio amico
arriva più tardi. Lui abita in Polonia e viene direttamente da lì”. “Ah la
Polonia – dice lui – bello, così non solo spende poco ma è pieno di belle
ragazze”. Bingo, il tipo non è gay e se mi fa la battutina sulle donne ha
intuito che l’argomento rompi ghiaccio può fare breccia su di me. E breccia la
fa. L’appartamento è al primo piano anche se salendo, faccio in tempo a dare
una sbirciata alle scale e ad un inquietantissimo piano sotto zero che è nella
penombra ma che sembra l’anticamera o a bunker della Seconda Guerra o ad un
club per fantasmi e demoni. L’appartamento dicevamo. Piccolo tinello, sulla
sinistra una porta chiusa (che in seguito scoprirò essere la camera di Marlies)
e sulla destra il resto della casa, composta da: bagno in comune, camera di
Bob, camera per noi e grande cucina. Il tutto, circondato da finestre stile
Europa centrale, cioè con zero balconi e con tende tipo veneziana, ma molto più
brutte e che garantiscono privacy nulla. Naturalmente la finestra di fronte è a
circa tre metri in linea d’aria. Bob mi mostra il tutto con un inglese
comprensibilissimo e per questo ringrazio il cielo perché io, al posto suo, mi
dovrei scrivere tutta la pappardella su un foglio e leggerla ogni volta ai
poveri malcapitati ospiti. Con la notizia che il frigo è a nostra disposizione
e che possiamo mangiare qualsiasi cosa troviamo dentro, finiscono i convenevoli
e iniziano le domande di puro interesse se mai ce ne fossero. Così scopro senza
nemmeno accorgermi che l’inglese riesco a parlarlo almeno nella sua forma più
elementare possibile e comincio a raccontare a Bob che sono venuto a Vienna in
macchina, da Roma, mentre il mio amico, che è partito stamattina da Wroclaw in
Polonia, ora è in qualche posto sperduto in Repubblica Slovacca, in macchina
con perfetti sconosciuti agganciati su Bla Bla Car. Non sapete cos’è Bla Bla
Car, andate a cercarlo su Google e scoprirete un modo di viaggiare in tutto il mondo
a pochi euro. Quello che mi sono scordato di premettere, in tutto questo, è che
in realtà Bob non si chiama Bob ma con un nome austriaco che non ricordo
assolutamente. Ho provato a ritrovarlo su Facebook ma non ho trovato nemmeno
Marlies, quindi missione impossibile (e tutto sommato delusione trascurabile).
Così scopro che Bob, come ho deciso di ribattezzarlo dieci minuti fa, non è
affatto il fidanzato o compagno di Marlies bensì un coinquilino, o meglio, uno
che ha una camera affittata nell’appartamento di Marlies. Ora che lo vedo bene,
in effetti Bob non sembra proprio il ragazzo che ogni donna sogna, non tanto
per la trasandatezza dei vestiti né per una pancetta da alcool che non si
fatica ad individuare da sotto la camicia, quanto, a mio avviso, per la
sensazione di sfigato pazzesco che trasuda. E detta da uomo a uomo Bob, ne
trasudi una camionata. Quindi Bob è qui in affitto e nella vita fa lo
scrittore. E qui chiudo perché mi racconta questo ed io gli dico che anche il
mio amico fa scrittore. Quindi sarà un piacere presentarlo più tardi e poter
conversare a tre su quanto siamo fighi a scrivere e quanto dovremmo avere
vagonate di fregna e invece non abbiamo neanche i soldi per comprare le
sigarette. Stop dunque. Io vado a farmi la doccia e lui si chiude in camera.
Faccio in tempo ad intravedere una camera molto grande e un letto a castello.
Facciamo un salto di un paio d’ore, io adesso sono profumato come un prato a
primavera mentre il mio amico Michele è appena arrivato e affamato come non mai
è pronto a conquistare i “kebabbari” di Vienna. Ma prima, le presentazioni e la
fatidica frase del: “Ah, anche tu sei uno scrittore? Uao, io ho pubblicato due
libri, di cui uno in Bulgaria – fa Michele, tu cosa hai pubblicato?”. Il gelo.
Noi non lo vediamo, ma probabilmente il cuore di Bob si ferma per un istante e
poi riparte ma lento. Ci dice che no, lui non ha pubblicato nulla (e va be,
quello anche io, ci sta) e che in realtà il suo sogno è scrivere un libro.
Scusa, penso io, allora perché uno che non ha mai pubblicato si presenta
dicendo che fa lo scrittore?
Ormai il dado è tratto, giochiamo a carte
scoperte, quindi Bob, che tanto non ha certo il bisogno di fare il figo per
farci innamorare, ci confessa che lui non solo non ha mai pubblicato ma non ha
proprio mai scritto. Andiamo per ordine. Bob ha credo sui 32, 33 anni ed
ovviamente, non dubitavo, è disoccupato. Sembra che abbia investito tutta la
sua giovinezza in una specie di università di scrittori, alla quale ha dato
anima è cuore ma dalla quale non è mai uscito laureato. E’ perché? Perché la
tesi è scrivere un libro e lui non c’è riuscito. Cavolo penso io, capisco che
scrivere un libro non sia facile, ma almeno qualche raccontino. Non poteva
raccogliere tutti i raccontini scritti nel frattempo e spacciarli per un libro?
Macché, lui non ha nemmeno mai scritto un raccontino. No, lui è proprio scemo,
lui ci dice che vuole scrivere “The best novel ever written”. Il miglior romanzo mai scritto. Cavolo,
questa si che è proprio una grossa cazzata! Mi sembra proprio la classica frase
che ti inculcano in testa ad inizio corso e ti dicono: ragazzi, voi dovete
ambire al massimo, dovete scrivere la miglior storia del mondo, dovete
convincervi che ci riuscirete. Ma de che, penso io. Ma come puoi pensare di
costruire la cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze se hai fatto solo un
esame di architettura? Fammi capire Bob perché forse in inglese non ci comprendiamo.
Tu sono dieci anni che provi a scrivere la miglior novella della storia e nel
frattempo hai fatto solo questo? Cavolo, capisco che trasudi “sfigaggine” ma
così esageriamo. Vedo che anche Michele è sbalordito. E ci mancherebbe. Meno
male che sono i mediterranei quelli perdigiorno che pensano solo a godersi la
vita. Questo la vita se la gode eccome. E come se la paga la stanza? Aspetta
però dai, non mi dire che non hai mai pensato di scrivere almeno un raccontino
breve, che ne so, cinque paginette. “No – dice lui – ho iniziato a scrivere una
storia cinque volte e cinque volte l’ho abbandonata”. Ecco che Michele si
appoggia ad una sedia. Sembra abbia un mancamento. Non si capacita della cosa.
Ma io dico, se sono dieci anni che non scrivi, prova a cambiare soggetto, prova
a puntare leggermente più in basso. Al che mi illumino e penso di suggerirgli
una grande idea. “Lo sai che puoi fare? Scrivi in inglese. Tanto lo parli bene
no? Scrivi racconti brevi in inglese e apri un blog. Poi li pubblichi lì. Voi
diventare famoso? Ecco, l’unico modo è quello. Poi come va va. Ma almeno avrai
fatto qualcosa di concreto. Magari poi avrai la super ispirazione che cerchi.
Macché, Bob ci guarda come io guarderei qualcuno che mi dicesse dai, buttati
dal trentesimo piano senza paracadute. Ma che scherzi? Lui deve scrivere il
romanzo più bello del mondo e punterà a questo.
Va bene. Capitolo chiuso. Bob
ci invita a scendere in strada e berci una birra insieme. Decliniamo, non per
altro ma abbiamo fame e soprattutto è la prima notte a Vienna. Non mi aspetto
di passarla a letto con una modella ma nemmeno ad ubriacarmi con il figlio
segreto di Napoleon Dynamite. La serata scorre allegra e all’una siamo di
ritorno. Bob è lì, sotto casa. Il portone si affaccia sulla strada e l’edificio
a fianco è un vecchio pub ora chiuso. Non chiuso nel senso che è tardi, chiuso
nel senso che è chiuso per sempre. Fuori ci sono ancora i tavolini e le sedie e
sembra davvero che l’indomani qui si lavorerà. Bob se ne sta seduto appoggiato
ad un tavolino e ha una lattina di birra. Si è cambiato e adesso indossa una
elegantissima canottiera color bianco slavato. Ammetto che c’è caldo ma io così
non mi vestirei nemmeno ad Halloween. Ci saluta e noi ci fermiamo un po’ a
chiacchierare. E’ lui a dirci che il pub è chiuso già da diverse settimane e
che lui spesso usa le sedie per rilassarsi un po’. Noto con divertimento che se
a Roma o in qualsiasi altra città italiana, un pub avesse chiuso e lasciato
fuori sedie e tavolini in perfette condizioni, dopo 4 minuti sarebbero venuti a
rubarsi tutto. Io per primo. Bob fuma e dice che stare lì gli permette di
cercare l’ispirazione. E’ inutile dirgli l’ispirazione la troverebbe al centro,
in mezzo alla gente e non certo solo ad un tavolino, in una via dove dopo le
otto di sera non passa nessuno. Bob ci dice che una di queste sere dobbiamo
assolutamente prenderci una birra e si gli dico, ce la prendiamo sicuro. La
nostra missione, di Michele e mia intendo, è convincerlo a mollare tutto e
trovarsi un lavoro. Non sarà facile. A dire la verità non è che ci abbiamo
provato poi molto. Il destino o forse semplicemente il fatto che fossimo in
vacanza, ci ha portato a fregarcene di Bob e passare le due sere successive
fuori. Così Bob è rimasto nella sua stanzetta e noi lo abbiamo immaginato a
sbirciare nel buco della serratura del bagno mentre Marlies si fa la doccia o
magari a cercare ispirazione per una novel in qualche sito porno. E insomma, lì
le storie strambe non mancano.
Caro Bob, se un giorno dovessi scrivere io il
romanzo più bello della storia sicuramente ti penserò e comunque sappi che bere
birra scadente e vestirti come un morto di fame, non ti farà diventare
automaticamente Bukowski. Mi piace pensare Bob, che adesso, a distanza di un
mesetto dal nostro memorabile incontro, tu sia ancora lì, su quella sediola.
Con una felpetta pesante, che a Vienna adesso farà fresco, con una birra chiara
scadente e con quella sigaretta gustata come fosse l’ultima prima del plotone
d’esecuzione. Mi piace pensare che domani mattina ti arriverà il sussidio di
disoccupazione e che con quello, prima pagherai Marlies, poi andrai in libreria
e passerai ore ad immaginare la tua foto sul libro più venduto del mese. Che
poi Bob non è mica colpa tua ma di chi ci insegna che nella vita possiamo
diventare qualsiasi cosa vogliamo. Chi siamo noi Bob per scrivere il romanzo
più bello della storia? Ciao Bob, amico mio, siamo come pesci in acquario.
Spegniamo la luce e dormiamo.
Una bomba diluz, questo "raccontino" lo vedo chiaramente, sta nella prefazione del miglior romanzo della storia che avrai scritto...
RispondiEliminaOnorato! Caffè pagati a go go per te!
EliminaSplendido. Adesso "Bob" sarà impossibile dimenticarlo.
RispondiEliminaGli dobbiamo offrire ancora una birra...
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