Tra un po’ arrivano gli amici per cena ed io devo sbrigarmi a scrivere un racconto che parli della metafora perdere tempo.


PREMESSA: questo racconto nasce come "compito a casa" del Laboratorio di Scrittura Creativa in Rai. Scrivere un raccontino partendo dalla metafora "perdere tempo". Buona lettura.


Confesso che sono attualmente in quello stato d’animo che si potrebbe ben definire con il termine: impasse. Apprendo, dal primo dizionario che si è aperto cercando su Google, che la parola impasse può essere definita in due modi: 1) Situazione complicata da cui non si sa come uscire: trovarsi in un'impasse o 2) Particolare giocata del bridge. Non contemplando, almeno io personalmente, il bridge tra gli stati d’animo che potrebbero provocarmi tristezza, resta che l’impasse è quella situazione per cui io sto qui ma non vorrei essere qui, perché da questo qui, io non so come uscirne. Si fa facile a dire: “entro domenica inviatemi un raccontino”. E si fa ancora più facile a dire: “fate così, fate cosà, partite dalla metafora perdere tempo e buttate giù qualcosa”. Ma che scherziamo? Che arte è quella che viene comandata? Da che mondo è mondo ella dovrebbe essere spontanea, libera, frutto acerbo o maturo di una ispirazione improvvisa e quasi divina, direi. In questo modo, si mette davvero in difficoltà un poveraccio che vorrebbe solo diventare uno scrittore e far sorridere la gente. Va bene, va bene; sto esagerando, conteniamoci. Cerchiamo di calmare gli animi e metterci seduti a ragionare. Vuoi diventare un grande scrittore e far sorridere la gente? Bene, devi cospargerti il capo di cenere e cominciare con umiltà. Passo passo, dalla base. Ed oggi la base si chiama metafora. Che ti piaccia o no.

Aspetta però, che giorno è oggi? Sabato? Davvero? Ed io mi sono ridotto a sabato per provare a scrivere qualcosa? Me misero. Me tapino. Altro che impasse, qui sono nei guai fino al collo. Ma vostro onore, un momento, ho a mio discapito tante attenuanti. Sa, io lavoro tutto il giorno e quando rientro a casa, la sera, ho solo voglia di mettermi sul divano e scegliere il film di fronte al quale mi addormenterò prima della seconda serie di pubblicità. Però vostro onore, le giuro che io a cosa scrivere in questa storia c’ho pensato. Vede, ad esempio martedì e mercoledì ho fantasticato su quale metafora avrei potuto scegliere per raccontare una storia. Non immagina quante me ne sono venute in mente e quante ne ho trovate su internet. Come dice, vostro onore? Ero fuori tema e non lo sapevo? Certo, ha ragione, ma la mail in cui si informava che la metafora da usare era già stata scelta, io l’ho letta solo giovedì mattina. Vostro onore, io ho perso due giorni a scervellarmi su quale metafora usare senza sapere che la chiave del forziere era già lì. E crede che sia stato un piacere scoprire che il tema era fisso e non libero? Bé, da un certo punto di vista si, così non dovevo più scervellarmi su cosa scegliere, però da un altro punto di vista, mi sono risentito perché insomma, cosa sono queste direttive irremovibili che ci danno? E poi scusi sa, ma io non lo sapevo e ho perso due giorni pieni. Ignorantia legis neminem excusat, dice lei? A si, certamente; se una regola c’è ed io sono l’unico a non conoscerla, certamente sono io l’unico ad essere un cretino ma, me la dia questa attenuante.

Per altro, vostro onore, mi permetto di dire che le storielle che avevo abbozzato fino a mercoledì sera erano niente male. Ad esempio, volevo usare la metafora la musica nel sangue. E’ una metafora, si? Vede, ne sarebbe nato senz’altro un racconto divertentissimo sulla musica da discoteca degli anni 90. Se la ricorda? The Rhythm of the Night di Corona, o All that she wants degli Ace of Base. Grandi anni. Vede io ero piccolo piccolo ma mi ricordo dei ragazzi più grandi che partivano da Roma e andavano a ballare a Perugia. Che poi, Perugia. Avessi detto Rimini. Nel mio immaginario Perugia doveva essere la città del peccato per eccellenza. Altro che Amanda Knox e Sollecito. Poi aspetti vostro onore, c’erano altre storie che mi erano venute in mente. C’era per esempio la metafora in culo alla balena. E’ una metafora, si? Su quella per esempio non avevo ancora deciso come articolare la storia, ma ho passato l’intera mattinata di martedì, a scegliere se scriverla in prima o terza persona. Perché vede, io scrivo quasi sempre in prima persona ma nella scorsa lezione di scrittura creativa, è stato letto un racconto scritto in terza e mi era venuta voglia di cimentarmi con quella sfida. Se mi concede ancora un minuto vostro onore, confesso e mi batto il petto, che in effetti mercoledì sera non c’ho pensato poi molto al racconto perché sono andato al cinema a vedere Ritorno al Futuro. Conosce, si? Sarà stata forse la ventesima volta che lo vedevo ma che importa? Si stancherebbe mai di guardare una bella donna che si spoglia davanti a lei? Anche se la donna è sempre la stessa? In effetti anche ieri sera, che poi era venerdì, non c’ho pensato molto al racconto, sa ero a Rieti per una partita di basket. Non gliene importa nulla ma abbiamo perso. Può essere un’attenuante il fatto che mi rodesse e che durante il viaggio di ritorno non avessi voglia di pensare alla amata scrittura? Mi chiede di andare al sodo della questione, ci arrivo.

Che poi vostro onore, non vorrei sembrarle inopportuno ma le ricordo che lei è solo frutto della mia immaginazione e che se volessi, potrei farla cadere da quello scranno e farla precipitare dentro il Vesuvio: lei, la giuria, mammeta e tu. Allora signori della giuria, prima che vi precipiti in questo baratro, lo volete sapere quale fantastica storia ho composto per voi? Nessuna, perché oggi è sabato e ho una irrefrenabile voglia di uscire e andare a Galleria Borghese a fissare il Ratto di Proserpina e rimanere estasiato da cotanta bellezza che dimmi tu, se è mai possibile che sia uscita da un uomo e non da mani di un Dio sceso in terra per guidare mani mortali. Vostro onore, signori della giuria e questo spettabile specchio a cui sto parlando, prometto di impegnarmi e scrivere qualche cosa domani, domenica, giorno del Signore, consacrato al riposo dopo le lunghe fatiche del Sabato del Villaggio. Scriverò una storia bellissima, da sbellicarsi dalle risate ma anche dal commuoversi e piangere come fiumi in piena, ma mica il Velino e la Nera che sono ruscelletti, come il bel Danubio verde, quando attraversa Budapest in tutta la bellezza dei suoi ponti. Scriverò di quanto è bello scrivere, di quanto il tempo è il nostro bene più prezioso ma essendo nostro, lo impieghiamo e lo sprechiamo un po’ come cavolo vogliamo. Ad esempio, vostro onore, io l’ho impiegato per scrivere queste righe e sarà lei a dirmi, in tutta la sua saggezza di millenni di storia dell’umanità, se sarà stato tempo perso o un embrione di verità.

Nessun commento:

Posta un commento