martedì 16 settembre 2014

Buon uomo, può passarmi quell'Italo Calvino per cortesia?



Leggo “Storie di ordinaria follia” di Charles Bukowski e ad un certo punto appare un nome: Chinaski. Dove l’ho già sentito sto nome, mi domando. Chinaski, Chinaski. Aspetta, era qualcosa del tipo: Mr Chinaski. Ecco si. Mr Chinaski, Mr Chinaski. Ma certo. My name is Tanino. Quando Tanino arriva negli Stati Uniti, tra le prime persone che va a cercare, oltre ad una bella americanina conosciuta in Sicilia, c’è proprio questo Chinaski. Nel film è un vecchio regista sgangherato, che muore tra l’altro, la stessa notte che conosce Tanino. Quindi ho appena scoperto che nel film c’è un omaggio velato a Bukowski. Ed io che pensavo di sapere tutto di quel film. Che capolavoro ragazzi. Guardatelo e zitti. 



Continuo a leggere Bukowski e mi viene il dubbio che nella vita abbia sbagliato totalmente modo di vedere le cose. Sono dell’idea che quando un autore è famoso e letto da tutti, io automaticamente non lo debba leggere, perché nella mia visione del mondo voglio ergermi ad alternativo della letteratura e dedicarmi a letture che non siano di moda (ma che spesso son pallose!). Allora Dio benedica chi me lo ha prestato questo “Storie di ordinaria follia” e m’ha detto semplicemente: leggi e zitto. Mi ha permesso di capire quanto mi sbagliassi sull’idea che se un autore lo leggon tutti, allora deve far schifo ed essere commerciale. 

In questo libro, nel dettaglio, ci sono una serie di storielle, dalle cinque alle venti paginette, dove il tema è sempre lo stesso: il sesso. Ma è un sesso divertente, che non esalta i protagonisti per la loro virilità, ma li deride per il loro essere semplicemente esseri umani. Non c’è storia poi, in cui il protagonista o le comparse, non si scolino litri di alcool, possibilmente birra. E vi posso assicurare che si parla talmente tanto di birra e whisky che uno alla fine si convince ad alzarsi dal divano e andarsi ad aprire davvero una birra. Altro che pubblicità subliminale. Molte delle storie, si dice, siano state ispirate da esperienze reali vissute da Bukowski, altre dico io, molto probabilmente sono frutto di racconti da bar, fatto sta che il tutto è terribilmente piacevole e che un enorme applauso va fatto a chi questo libro l’ha tradotto in italiano, perché si riesce ad avere comunque una minima idea di come deve suonare in originale, nello slang più slang possibile dell’inglese americano da bettole.

Non so se mi succederà come con Douglas Adams o Bruce Chatwin, per cui dopo aver letto un libro ho voluto leggere tutti gli altri, ma se anche fosse, mi sembra che questo Bukowski valga la pena di essere approfondito, quanto meno per passare piacevolmente il tempo quando si è sotto l’ombrellone, anche se siamo quasi in Ottobre. D’altronde, come si dice, solo gli stupidi non cambiano idea. Ed io sulla storia della letteratura alternativa, stupido fui. Ora posso mettermi il cuore in pace ed aprire finalmente Calvino, che non ho mai voluto leggere perché tutti adoravano. Poi passerò a Federico Moccia. Ma lì secondo me, saranno cazzi. Io e te, tre metri sopra Tanino.