Leggo “Storie di
ordinaria follia” di Charles Bukowski
e ad un certo punto appare un nome: Chinaski. Dove l’ho già sentito sto nome,
mi domando. Chinaski, Chinaski. Aspetta, era qualcosa del tipo: Mr Chinaski. Ecco si. Mr Chinaski, Mr Chinaski. Ma certo. My name
is Tanino. Quando Tanino arriva negli Stati Uniti, tra le prime persone
che va a cercare, oltre ad una bella americanina conosciuta in Sicilia, c’è proprio
questo Chinaski. Nel film è un vecchio regista sgangherato, che muore tra l’altro,
la stessa notte che conosce Tanino. Quindi ho appena scoperto che nel film c’è
un omaggio velato a Bukowski. Ed io che pensavo di sapere tutto di quel film. Che
capolavoro ragazzi. Guardatelo e zitti.
Continuo a leggere Bukowski e mi viene il dubbio che nella
vita abbia sbagliato totalmente modo di vedere le cose. Sono dell’idea che
quando un autore è famoso e letto da tutti, io automaticamente non lo debba
leggere, perché nella mia visione del mondo voglio ergermi ad alternativo
della letteratura e dedicarmi a letture che non siano di moda (ma che spesso
son pallose!). Allora Dio benedica chi me lo ha prestato questo “Storie di ordinaria follia” e m’ha
detto semplicemente: leggi e zitto. Mi ha permesso di capire quanto mi
sbagliassi sull’idea che se un autore lo leggon tutti, allora deve far schifo
ed essere commerciale.
In questo libro, nel dettaglio, ci sono una serie di storielle, dalle cinque alle venti paginette, dove il tema è sempre lo stesso: il sesso. Ma è un sesso divertente, che non esalta i protagonisti per la loro virilità, ma li deride per il loro essere semplicemente esseri umani. Non c’è storia poi, in cui il protagonista o le comparse, non si scolino litri di alcool, possibilmente birra. E vi posso assicurare che si parla talmente tanto di birra e whisky che uno alla fine si convince ad alzarsi dal divano e andarsi ad aprire davvero una birra. Altro che pubblicità subliminale. Molte delle storie, si dice, siano state ispirate da esperienze reali vissute da Bukowski, altre dico io, molto probabilmente sono frutto di racconti da bar, fatto sta che il tutto è terribilmente piacevole e che un enorme applauso va fatto a chi questo libro l’ha tradotto in italiano, perché si riesce ad avere comunque una minima idea di come deve suonare in originale, nello slang più slang possibile dell’inglese americano da bettole.
In questo libro, nel dettaglio, ci sono una serie di storielle, dalle cinque alle venti paginette, dove il tema è sempre lo stesso: il sesso. Ma è un sesso divertente, che non esalta i protagonisti per la loro virilità, ma li deride per il loro essere semplicemente esseri umani. Non c’è storia poi, in cui il protagonista o le comparse, non si scolino litri di alcool, possibilmente birra. E vi posso assicurare che si parla talmente tanto di birra e whisky che uno alla fine si convince ad alzarsi dal divano e andarsi ad aprire davvero una birra. Altro che pubblicità subliminale. Molte delle storie, si dice, siano state ispirate da esperienze reali vissute da Bukowski, altre dico io, molto probabilmente sono frutto di racconti da bar, fatto sta che il tutto è terribilmente piacevole e che un enorme applauso va fatto a chi questo libro l’ha tradotto in italiano, perché si riesce ad avere comunque una minima idea di come deve suonare in originale, nello slang più slang possibile dell’inglese americano da bettole.