lunedì 3 agosto 2015

L'amigdala, o corpo amigdaloideo, è una parte del cervello che gestisce le emozioni ed in particolar modo la paura.


Tutto quel sommuoversi di istinti che in certi periodi trae gli uomini fuori dalle città sonanti per spingerli nelle foreste o nella pianura a uccidere esseri animati con pallottole di piombo lanciate da mezzi chimici, l'avidità di sangue, la gioia di uccidere, tutto ciò era in Buck, ma infinitamente più profondo. Correva alla testa del branco dietro a quell'essere selvaggio, quel cibo vivente, per uccidere con i suoi denti ed immergere fino agli occhi il muso nel sangue caldo”.
Confesso subito: non avevo mai letto “Il richiamo della foresta”. Che ci volete fare? D’altronde, pensavo, certi libri o si leggono da piccoli, o non si leggono più. E’ come se oggi mi mettessi a leggere che so, Pinocchio. Dai, è una cosa da biblioteca dei ragazzi. Che ci azzecca un libro del genere a 30 anni? Poi però trovi il libro in una delle solite bancarelle dell’usato e tanto per toglierti lo sfizio lo prendi. In fondo, pensi, è uno dei libri che Christopher McCandless si porta a spasso, nel suo peregrinare in “Into theWild”. Ci sarà un motivo no? Ora lo posso dire: il motivo c’era eccome. Altro che libro per ragazzi, questo è un libro per ogni età e per ogni epoca. Non manca nulla: avventura, pericoli, passioni, colpi di scena, delusioni, sangue, istinto. Forse la prosa di London non sarà delle più ricercate (ora capisco perché è un libro per ragazzi, si legge in un giorno e non si trovano paroloni né descrizioni frastagliate), ma ci sono dei passaggi che fanno venire la pelle d’oca per l’emozione. 
La vicenda: Buck è un cane che vive felice nel sud degli Stati Uniti, finché un giorno viene venduto (all’insaputa del suo ricco padrone) ad una organizzazione criminale (definiamola così). Il cane viene addestrato a suon di bastonate a starsene buono e a tirare la slitta, nel gelido nord del Canada, alla ricerca dell’oro e per consegnare la posta (a seconda del padrone che via via se lo compra). La sua vita cambia ma con il tempo è lui stesso a cambiare: sviluppa quegli istinti di sopravvivenza repressi, che ogni cane ha ma che l’evoluzione ha celato, tra una carezza del padrone e un comodo fuoco accanto a bambini. Buck diventa un leader, prima tra i cani con cui lavora, poi di se stesso, seguendo il suo istinto e quasi assumendo una consapevolezza di sé, degna di un essere umano (d’altronde è un racconto, ci sta). Ma più passa il tempo, più la selvaggia natura che lo circonda sembra richiamarlo. Non è il suono del vento né l’ululato dei lupi: è qualcosa che lo prende da dentro, che gli fa rizzare il pelo anche se non c’è nulla intorno a lui.
Era dominato dal violento insorgere della vita, dalla marea dell'essere, dalla completa gioia di ogni singolo muscolo, di ogni giuntura, di ogni nervo in quanto essi erano tutto ciò che non è morte, tutto ciò che arde e che aggredisce esprimendosi nel movimento, volando esultante sotto le stelle e sulla superficie della materia morta e immobile”.
E’ l’istinto che dopo millenni torna a vibrare, sono gli spiriti dei cani di un tempo che vengono a chiamarlo per farli tornare in vita, attraverso il suo correre senza paura nella foresta sconosciuta. Immagino che il libro abbia un milione di sfumature che forse io non ho colto, ma non importa, mi basta pensare che anche se è stato scritto nel 1903 (mi sembra), quello che racconta e il messaggio che mi ha trasmesso, è ancora attuale. Siamo ancora in tempo per permetterci di evolvere, come civiltà, senza scordarci di lasciare che il pianeta non muoia, anzi, cresca con noi. Che bello sarebbe riuscire a coniugare città iper tecnologiche e a misura d'uomo, con immensi spazi vergini, lasciati alla natura, poiché l'uomo potrebbe non aver bisogno di distruggere tutto il pianeta, per viverci bene. 
Il richiamo della foresta è in ognuno di noi, in alcuni nascosto nel profondo e in altri si accende di continuo. Ma è lì, perché un tempo, come Buck, avevamo antenati selvaggi che vivevano in un mondo in cui tutto era ostile e la vita era breve. Sarà per questo che adoro mettere i piedi nudi sull'erba. Sarà per questo che ho il terrore che qualche pesce misterioso mi porti via se nuoto troppo al largo in mare. Sarà per questo che il buio ci spaventa ancora e non ci sarà mai luce così intensa, da farci dimenticare chi siamo stati e ancora siamo.