Non sono il tipo che
insegue autografi di celebrità né di persone interessanti. Primo
perché non sono il tipo, secondo perché forse, tutti quelli che mi
interessano davvero sono già morti (a parte Kundera). Fanno
eccezione pochi eletti, per i quali non dico di avere una
venerazione, ci mancherebbe, ma mi stanno molto simpatici. Tra questi
c'è certamente Umberto Eco, con il suo visone sempre imbronciato,
sempre pronto a mandarti a quel paese perché non sei abbastanza
intelligente per lui, sempre pronto ad elargire medioevalità, che
tanto chi lo può smentire? Non ho modo di controbattere se mi parli
degli usi e costumi dei Longobardi di Alboino. Insomma, fatto sta che
qualche anno fa ero andato all'Auditorium a Roma, ad ascoltare
un'intervista proprio ad Eco (credo stesse uscendo il Cimitero di
Praga) e c'ero andato con la mia copia del Nome della Rosa, fiducioso
di poter avere un autografo del noto autore. Nemmeno inizia lo show
che l'intervistatore esordisce: mi spiace ma il professor Eco ha una
mano fasciata, quindi oggi non rilascerà autografi a fine serata. E
lì maledizioni generali della platea, a quel punto quasi tentata di
sfollare prima del tempo.
Fatto questo ampio preambolo, giusto per
dire che Eco mi piace, anche se finge di avere la mano fasciata,
passiamo alla recensione del giorno, ovvero, Numero Zero, ultima
fatica (come si dice), del semiologo piemontese. Che volete che vi
dica? Io ero abituato a leggere Eco e a fermarmi dopo 20 pagine,
preso dallo sgomento per non averci capito nulla e invece Numero Zero
te lo bevi come un bicchiera d'acqua fresca, anzi, quasi quasi sembra
un romanzetto scritto da un chiunque, al confronto con i suoi altri
libri. Magari non sarà ai livelli di La solitudine dei numeri primi
(a proposito di numeri) ma quasi (e La solitudine dei numeri primi è
il romanzo più sopravvalutato della storia). Va be' dai, forse
esagero, in fondo il professore è sempre il professore. In fondo nel
romanzo ci sono ogni tanto citazioni erudite ed è un piacere
immergersi nell'atmosfera dei bei vecchi anni 90, con tanto di
complottismo con chiamata in causa di Mussolini, Licio Gelli e Ajo'Cossiga. Sarà pure padrone Eco, ogni tanto, di stancarsi di scrivere
da professorone e di rilassarsi e raccontare cose più semplici?
Ok,
tiriamo le fila. Se siete amanti dell'Eco arzigogolato e da libro di
500 pagine, rimarrete delusi. Niente ore passate a decifrare una
pagina e niente delirio di onnipotenza se riuscite a finire il libro.
Se invece non conoscete Eco e volete vantarvi di averlo letto almeno
una volta nella vita, fatevi sotto, perché questo libro lo
consiglierei anche ad un bambino di terza media. Detto questo, chi
sono io per recensire Eco e addirittura criticarlo? Ovviamente
nessuno ma il blog è mio e qui comando io. E se Eco si azzarda a
chiedermi un autografo, gli chiedo indietro i soldi del biglietto
dell'Auditorium.