Non credo di scrivere una banalità, se affermo che il sogno di tutti voi, anche se non ci pensate mai, sia quello di viaggiare nel tempo. E' ovviamente anche il mio sogno, seppur quando immagino di fare questi ipotetici viaggi, non sogno mai di farli nel futuro ma sempre nel passato. Sarà che mi piace la Storia e che quindi non c'è occasione che manchi per immaginarmi nella Roma di Augusto, nella Sardegna dei nuraghi, con i nativi quando videro arrivare dal mare le caravelle di Colombo o durante la Seconda Guerra Mondiale. Quello che mi piace di più è pensare come vivessero le persone e confrontare la mia visione delle cose con la loro. Pensate anche solo al fatto che oggi prendendo un aereo, voi potete vedere le Alpi dall'alto, una cosa che nessun essere umano fino a 150 anni fa poteva anche solo immaginare.
Ho letto un libro bellissimo: "La storia del mondo in 12 mappe" di Jerry Brotton. E' un librone grande e impegnativo (mentre lo leggevo sembrava quasi che stessi preparando un esame universitario), ma è stato un bellissimo viaggio nella storia del mondo e sopratutto nella storia dello sviluppo del pensiero umano attraverso la geografia e la cartografia. Si parte dalle origini, ovvero da Tolomeo, l'astrologo, astronomo e geografo greco che lavorò ad Alessandria d'Egitto, dove si dice, ci fosse la più grande biblioteca del mondo. Chissà cosa saremmo noi oggi se non fosse andata perduta. Dall'Egitto parte così un viaggio attraverso la storia, per ricostruire l'evoluzione della cartografia e della geografia. Brotton si fa una domanda fondamentale: è possibile realizzare una mappa che sia il più neutrale possibile? Secondo lui no, nemmeno oggi in epoca moderna con Google Maps. Secondo lui, ogni mappa, è figlia della sua epoca e del contesto in cui nasce. I cristiani mettevano Gerusalemme al centro, mentre i coreani ovviamente ci immaginavano la Corea. Poiché non si poteva avere la stessa precisione di oggi, ogni cartografo impostava la propria mappa in base alle esigenze: c'è chi metteva Dio in alto sulla cartina a benedire la Terra, c'è chi si concentrava sull'Africa perché c'erano interesse coloniali, chi addirittura (come gli arabi) metteva il sud in alto e quindi realizzava mappe completamente diverse rispetto alla versione "occidentale". Spagnoli e Portoghesi, con una linea tracciata su una mappa, si sono divisi il mondo allora consociuto, ma era sempre e comunque un mondo svelato attraverso i loro occhi di conquistatori e non un mondo oggettivo.
Si potrebbero scrivere 12 articoli diversi su questo libro, per ogni capitolo, ma spero che bastino queste poche righe per stramettervi la mia felicità per aver passato 3/4 mesi (leggevo piano piano, per gustarmelo) in giro per il mondo antico, negli stessi panni degli uomini che vivevano quell'epoca e scoprivano letteralmente il loro mondo giorno dopo giorno. Volete sapere qual è il mio capitolo preferito? Ovviamente quello sulle esplorazioni di Colombo e sul Mappamondo di tale Martin Waldseemuller del 1507: il primo a rappresentare l'America come un continente separato, seppur ancora completamente inesplorato, sopratutto al Nord. Questa carta fu acquistata nel 2003 dalla Library of Congress per 10 milioni di dollari: giusto per far capire come gli americani ci tengano alla loro seppur breve storia. Sempre sempre, viva la geografia!
(ovvero, tutto quello che avreste voluto chiedere sulla letteratura ma vi siete ben visti dal farlo)
martedì 26 dicembre 2017
domenica 3 dicembre 2017
Mi tatuerò "Alex Zanardi" sopra il cuore
Non credo possa esserci un giorno migliore per parlarvi del libro di Alex Zanardi: "Volevo solo pedalare". E' un giorno sportivamente nefasto per me perché il Milan ha appena pareggiato contro il Benevento ultimo in classifica. Per chi come me cova una rabbia repressa esagerata, in questi casi bisogna fare appello a tutte le forze per non spaccare qualsiasi cosa si trovi sotto tiro. E per placare l'animo ed evitare di farsi denunciare dal vicinato per schiamazzi, non c'è niente di meglio che leggersi e rileggersi la seconda vita di Zanardi, quella nella quale il pilota romagnolo, ha continuato a fare il pilota anche senza gambe. La vicenda più o meno ve la ricordate tutti: il 15 settembre 2001 sul circuito tedesco del Lausitzring, Zanardi fu vittima di un pauroso incidente automobilistico. Miracolosamente si salvò ma dopo decine di interventi, perse le gambe, che gli furono amputate. Non si perse d'animo però e anzi, come scrive nel libro, il suo primo pensiero dopo essersi svegliato dal coma non fu quello di come avrebbe fatto a stare senza gambe, ma di come sarebbe riuscito a fare esattamente le stesse cose che faceva prima, pur senza gambe.
Anche il resto della storia è piuttosto nota: Zanardi tornò a correre in auto e addirittura a vincere qualche gara, nelle stesse categorie dove correvano i cosidetti "normodotati". Non solo, Zanardi incontrò per caso una persona nella sua stessa condizione, che praticava l'handbike e si mise in testa di provarci, con risultati che l'hanno portato a vincere medaglie alle paraolimpiadi di Londra e Rio. Adesso voi mi dovete dire come faccio io ad essere ancora incazzato con il mondo per colpa del Milan, quando poi leggo di queste storie meravigliose, in cui un superuomo (perché così lo considero), prende a calci nel sedere il proprio destino e affronta la vita con la semplicità che avrei io nel bere un bicchiere d'acqua.
Ok, probabilmente anche Zanardi avrà una sua squadra del cuore e anche lui si arrabbierà ogni tanto, è umano. Ma infatti il vero problema non sta tanto nell'arrabbiarsi o meno per il risultato di una squadra, quanto nel farsi condizionare così tanto dal rovinarsi la domenica.
Ma che c'entra però Zanardi con il calcio, direte voi? Nulla, ne sono consapevole ma avevo urgentemente bisogno di scrivere e sfogarmi e si da il caso che quello di Alex sia l'ultimo libro che abbia letto e che potevo raccontare. Adesso vado a mangiarmi la Nutella e a riguardarmi su Youtube tutte le gare di Zanardi alle Paraolimpiadi. Se non altro so già come va a finire e a fine gara avrò una scusa per festeggiare e chiudere in bellezza la domenica. Grazie Zanardi.
Anche il resto della storia è piuttosto nota: Zanardi tornò a correre in auto e addirittura a vincere qualche gara, nelle stesse categorie dove correvano i cosidetti "normodotati". Non solo, Zanardi incontrò per caso una persona nella sua stessa condizione, che praticava l'handbike e si mise in testa di provarci, con risultati che l'hanno portato a vincere medaglie alle paraolimpiadi di Londra e Rio. Adesso voi mi dovete dire come faccio io ad essere ancora incazzato con il mondo per colpa del Milan, quando poi leggo di queste storie meravigliose, in cui un superuomo (perché così lo considero), prende a calci nel sedere il proprio destino e affronta la vita con la semplicità che avrei io nel bere un bicchiere d'acqua.
Ok, probabilmente anche Zanardi avrà una sua squadra del cuore e anche lui si arrabbierà ogni tanto, è umano. Ma infatti il vero problema non sta tanto nell'arrabbiarsi o meno per il risultato di una squadra, quanto nel farsi condizionare così tanto dal rovinarsi la domenica.
Ma che c'entra però Zanardi con il calcio, direte voi? Nulla, ne sono consapevole ma avevo urgentemente bisogno di scrivere e sfogarmi e si da il caso che quello di Alex sia l'ultimo libro che abbia letto e che potevo raccontare. Adesso vado a mangiarmi la Nutella e a riguardarmi su Youtube tutte le gare di Zanardi alle Paraolimpiadi. Se non altro so già come va a finire e a fine gara avrò una scusa per festeggiare e chiudere in bellezza la domenica. Grazie Zanardi.
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