Perché? Perché è davvero il libro più triste del mondo. Come
ve lo racconto in poche righe? E’ la storia di Giovanni Drogo, soldato appena
diplomatosi all’accademia, che ventenne, viene assegnato alla Fortezza
Bastiani, al confine montuoso tra il suo Paese e un immaginario Stato del Nord.
Oltre il confine, già in territorio nemico, c’è questo famoso deserto, detto
dei Tartari perché un tempo ci scorazzavano queste tribù. Drogo alla sola prima
vista della Fortezza prova l’irrefrenabile impulso di scappare via, addirittura
congedarsi con disonore, piuttosto che passare un solo minuto in quel nulla,
lontano dagli amici e da una qualsivoglia cantina per bere un bicchiere di
vino.
Vado, resto, vado, resto, alla fine Drogo rimarrà nella
Fortezza più di quanto non avrebbe pensato e poi STOP altrimenti vi racconto troppo.
Ma Buzzati è un maestro perché in un romanzo di nemmeno duecento pagine, riesce
a condensare una vita intera e a raccontare ogni stagione dell’anima, ogni
emozione, ogni sentimento, come altri autori non sarebbero capaci di fare in
mille pagine. Forse però, adesso che ci rifletto, “Il deserto dei Tartari”
potrebbe non piacervi. In effetti è un pochino lento, introspettivo,
angosciante, non è detto che faccia al caso vostro. Per me è il mio libro
preferito e amen, non si discute, ma devo ammettere che a voi potrebbe non
piacere e potreste smettere di leggerlo anche dopo poche righe. Dovete correre
questo rischio però. Dovete leggerlo e provarci. Non cercate di finirlo in una
sera o leggerlo velocemente per sapere cosa succede. Godetevelo come se stesse
bevendo un fantastico vino che voleste gustare con calma. Leggete ogni singola
parola, ogni virgola, perché Buzzati è un maestro proprio perché riesce a esprimere
un concetto con esattamente le sillabe necessarie. Se vi piacerà, già saprete
di aver trovato il libro che avete sempre cercato e mai nulla sarà come prima.
Altro che questi stupidi articoletti su un blog.