venerdì 10 aprile 2015

Caro Fedor ti scrivo, così mi distraggo un pò, e siccome sei morto e sepolto, la querela non temerò.

Alzo le mani, non ce la faccio più; hai vinto tu, Fedor. Ho aperto per la prima volta L'idiota di Fedor Dostoevskij circa due mesi fa e ad oggi, sono arrivato a pagina 400 su 600 ma non riesco proprio ad andare oltre. A mia parziale scusa posso dire, caro Fedor, che nel frattempo ho avuto tante altre cose da fare che stare a leggere il tuo famoso mattone: ho lavorato, ho nuotato, ho mangiato, ho perfino letto almeno un altro paio di libri. E tu eri sempre lì sul comodino, fedele, ad offrirmi quella tua decina di pagine ogni tanto, che ci mettevo venti minuti solo per ricordarmi quello che avevo letto prima ed immergermi di nuovo nella storia. Che poi caro Fedor, era partito così bene questo libro: non era la solita palla russa con centinaia di pagine di descrizioni di ambienti e personaggi, che ti strappa l'anima e ti sotterra vivo. No, la storia scorreva, i personaggi non erano centinaia di migliaia, ma pochi e raccontanti quasi nell'intimo. Addirittura ero riuscito ad affezionarmi al Principe, il protagonista, l'idiota appunto. Lui così candido ed onesto, così sempliciotto ma così affascinante nel suo essere sé stesso (e quanti cuori infranti di donne). 

Ma cavolo, mi davi speranza per qualche pagina e poi, ecco che ti perdevi in cene lunghe interi capitoli, in cui ogni personaggio doveva parlare e dire la sua e farlo su argomenti così noiosi, che non riuscivi proprio a trovare la forza per andare avanti. Ma come? Sei riuscito a farmi innamorare di San Pietroburgo senza ammorbarmi di descrizioni, e poi ti rovini raccontandomi le vite parallele di personaggi ultra secondari, che non si capisce se stai parlando di oggi, di ieri, di chi cavolo stai parlando, di quando hai cominciato a parlarne. L'idiota di Fedor Dostoevskij per me, si è chiuso a tre/quarti. Non so come finirà e forse, non lo saprò mai per tutta la mia vita. 

Ora, le opzioni che si aprono sono tre: o vado su Wikipedia e mi leggo la trama (rapido e indolore), o mi vedo su Youtube le sei ore di sceneggiato in bianco e nero estratto da qualche sperduto archivio Rai, oppure, ultimo ma non per importanza, me lo invento il finale. Sai che soddisfazione? Mi faccio rapire dalla fantasia e immagino il protagonista che si alza, ad una di quelle belle ed interminabili cene sulla terrazza della sua casa, e in mezzo a tutti gli invitati (che parlano ad alta voce e ognuno dice la sua sul nichilismo dilagante in quella Russia di metà ottocento), ecco, il Principe, si alza e grida “A regà, m'avete proprio rotto er cazzo, io vado a letto, l'ultimo che esce chiudesse la porta. E sempre forza Zenit”. Io me lo voglio ricordare così. Ciao Principe, e sempre viva la grande madre Russia.

venerdì 3 aprile 2015

Ecco vedi? Faccio in tempo a dire che mi piacerebbe fare un bel tour del Veneto, che eccoti un libro ambientato tra Padova e Treviso.


Questo inverno, sui social network, come in televisione, ho sentito spesso discutere intorno al tema del vaccinare o meno i figli e farli crescere secondo principi diversi rispetto all'idea generale che ha la società (quanto meno quella occidentale). Non entro nel merito della discussione (anche se faccio fatica ad immaginare scienza e medicina assoggettate ad una lobby segreta che ci vuole plagiare e controllare tramite medicine e cibo), ma resto affascinato da questo tema, che vede due fazioni opposte senza alcuna possibilità di compromesso. Chi patteggia per il non vaccino, lo fa in effetti con tale passione e convinzione, che per forza di cose ti viene la curiosità di informarti e cercare di capire da dove nasca quella loro inscalfibile certezza che tutto sia sbagliato e dannoso. 

Se non volete entrare nel merito né leggervi articoli o saggi, scegliete "Il bambino indaco” di Marco Franzoso, che condensa in poche pagine, un po' tutta questa visione new age e parallela della medicina e del modo di vivere di una certa parte del mondo (e di chissà quante persone che ogni giorno incontriamo). Il libro entra a passo deciso nella vita di una giovane coppia, prima innamorata sinceramente, poi minata dall'attesa e dalla nascita del loro bambino. Il casus belli, come si dice, sono le idee diciamo alternative della madre (che emergono solo con la gravidanza, sennò il padre da mo' che sarebbe scappato). Il bambino che nascerà, secondo lei, sarà speciale, e per questo dovrà aiutarlo fin dalla gravidanza a sviluppare le sue capacità. A partire dall'alimentazione che sarà ridotta all'osso, per evitare che la sua aura possa essere contaminata dalle tossine negative che compongono ogni cosa che mangiamo e ci circonda. 


Diciamo subito che la cosa degenererà decisamente e che il finale del libro è abbastanza scontato, con scelte dei protagonisti che forse in cuor nostro, tutti noi avremmo fatto. Non dico altro, il libro si legge in una notte se avete voglia, vi metterà un pochino di angoscia e vi farà sospettare che dentro qualsiasi persona al vostro fianco possa nascondersi una personalità decisamente non affine alla vostra, ma sarà un libro che vi farà riflettere anche su di voi, sulle scelte che fate e sul tempo che impiegate ad accorgervi degli errori, senza avere poi il modo di tornare indietro. Concludo con due cose: la copertina è stata scelta da Dario Argento immagino e, che cacchio di colore è l'indaco?