Grande sorpresa ieri sera al corso di scrittura creativa di mamma Rai: ospite d'onore Giancarlo De Cataldo, autore, tra gli altri, di Romanzo Criminale, Suburra, il nuovissimo La notte di Roma e tanti altri libri nonché raccontini spesso non di genere poliziesco. De Cataldo, che è abituato a ben altri pubblici e platee e che spesso va a dire la sua in televisione o a convegni di alto spessore, ci ha intrattenuti con vari monologhi (preceduti da domande della docente del corso), nei quali ci ha raccontato il suo punto di vista sulla scrittura, sulla cronaca, su quanto è bello scrivere ma contemporaneamente leggere (sopratutto i classici). Per l'occasione, ho comprato il suddetto La notte di Roma, ultima fatica del binomio "magistrato De Cataldo" e "giornalista Bonini". Il libro è più o meno il seguito di Suburra, che ho avuto il non piacere di vedere al cinema (film mediocre) ma che non ho letto perché sinceramente di leggere un libro con coatti, criminali, mignotte e Roma bella, me lo risparmio che basta che apro la finestra ed è la stessa cosa.
Ho quindi iniziato a leggere La notte di Roma con tutto lo snobismo possibile verso un genere ormai abusato (quello della Roma criminale) e con la sola curiosità di scoprire se almeno dietro questo successo si nascondesse una bella scrittura. Vediamo cosa ho trovato di positivo: 1) il libro è leggero (non nei temi) quindi lo leggi in un amen e non devi starti a scervellare né andare a ricercare su internet citazioni improbabili di filosofi della Mesopotamia boreale 2) Il libro è ambientato a Roma, in parte anche nelle perifierie, che finalmente qualcuno parla di Roma non solo per le albe al Gianicolo o le passeggiate a Via Condotti ma anche per le varie Torre Angela, Torre Spaccata, Tor Sapienza, che non è che a Roma esiste solo Torre Argentina. Aspetti negativi del libro: 1) dopo il trecentomillemillamillesimo libro su criminali de noantri, bori doppiotagliati con la pistola, zoccole d'alto bordo e politici eticamente corrotti, ci iniziamo un pò a stufare del genere, che forse sarebbe meglio variare un pò se no si corre il rischio di fare libri fotocopia. Il libro sarà pure scorrevole ma non ti lascia nulla, non nel senso che non ha una morale o che non c'è un messaggio, ma proprio che non ti lascia nulla. E' come se avessi appena finito di vedere una puntata di CSI New York: sarà anche nuova ma hai l'impressione di averne viste troppe e ormai non sanno più cosa invetarsi.
Detto questo, alla fine mi sono andato a far autografare il libro da De Cataldo (visto che l'ho pagato 20 bombe, almeno diamogli un valore): il fantasioso magistrato, che alle ragazze giustamente sorrideva, mentre ai ragazzi diceva frasi di circostanza, a me ha detto: "Vedi, il segreto di un buon racconto sta nel riscriverlo, riscriverlo, riscriverlo, finché non sarà perfetto". Hai ragione De Cataldo, questa me la devo segnare. Che poi, io mi sono permesso di criticare il tuo libro ma ho omesso di aggiungere che sono geloso del tuo successo e che aimé, solo quando Einaudi verrà da me e mi pagherà per scrivere libri mediocri, solo allora, potrò permettermi di dirti in faccia che La notte di Roma nun è gnente de che e che è più scontata della diciasettesima estate consecutiva di repliche del Commissario Rex.
(ovvero, tutto quello che avreste voluto chiedere sulla letteratura ma vi siete ben visti dal farlo)
martedì 24 novembre 2015
mercoledì 4 novembre 2015
Anche se oggi è il 4 novembre, parliamo di due protagonisti del 2 novembre.
Non conoscevo John Fante, o meglio, avevo vagamente sentito parlare di un film intitolato "Chiedi alla polvere" ma non sapevo fosse tratto da un libro di un tale John Fante. Quindi conoscevo Chiedi alla polvere ma non conoscevo Fante. Va bene, proseguiamo. L'incontro occasionale ma felice, c'è stato grazie all'intervento di un'amica che scoperta la mia passione tutt'altro che segreta per Bukowski, mi ha detto "Ei, ti devi leggere assolutamente Fante. Hanno lo stesso stile di scrittura. Se ti è piaciuto Bukowski non può non piacerti Fante". Perfetto penso io e cominciando a documentarmi, scopro che questo Fante è nato e cresciuto prima di Bukowski e che dopo un iniziale successo, i suoi libri sono inevitabilmente caduti nell'oblio dei decenni, finché proprio Bukowski, già molto noto, lo ha riscoperto e fatto pubblicare dalla sua casa editrice. Non saprei dire se oggi sia più conosciuto Fante o Bukowski ma posso dire che è vero che il loro stile di scrittura è simile (1 libro di Fante letto a fronte di 2 libri di Bukowski letti). Ad accomunarli è innanzi tutto la prima persona con cui scrivono i testi e l'impetuoso flusso di pensieri, che ci permette di entrare, senza troppi fronzoli, nella mente dei due: quella di Bukowski votata al sesso e all'alcool, quella di Fante votata alla scrittura e alla ricerca della religione perduta.
Chiedi alla polvere è una sorta di autobiografia di Fante che nel racconto si fa chiamare Arturo Bandini, giovanotto alla disperata ricerca di un'ispirazione che gli faccia scrivere o il racconto o il libro della vita. Sfaticato, terrorizzato dal sesso e deviato da una forte e superstiziosa educazione cattolica, Fante/Bandini sperimenta la vita giorno per giorno e ogni tanto la butta giù su carta bianca per poi spedire il testo in busta chiusa a qualche editore, sperando che il suo pensiero piaccia. Insomma, è la classica storia di ogni aspirante scrittore, la classica storia in cui immedesimarsi se in fondo, anche se sei un semplice impiegato, da grande sogni segretamente di fare lo scrittore.
Ecco, proprio questo immedesimarmi in Fante (o immedesimarci, amici aspiranti scrittori), mi ha colpito molto, non tanto per i segreti sogni condivisi, quanto per il fatto che Fante/Bandini oggi sia morto e sepolto e che quindi questi suoi sogni e queste sue speranze (per altro realizzate con fama post morte), siano ora vecchi sogni perduti, trasportati dal vento in qualche angolo di cielo. Sarà che qualche giorno fa era il 2 novembre e che mi sentivo malinconico, ma che ne so, mi sono venuti in menti questi sogni di Fante e c'ho visto i sogni di qualsiasi uomo vissuto su questa terra. I nostri sogni. Leggendo il libro ritrovavo la mia e la nostra vita, fatta di piccole cose ma anche di costanza e determinazione (più o meno incanalata nel giusto verso), per realizzare quello in cui crediamo.
Che poi se ci pensi bene, caro amico Fante, che differenza c'è tra sognare in grande e sognare in piccolo? Che cosa cambia per noi, umili sognatori egocentrici, se il nostro racconto sia apprezzato da milioni di persone o da una decina di parenti? Anche un solo complimento, il più stringato, il più diretto, il più inaspettato, ci lusinga e ci gonfia il petto, come se avessimo firmato un contratto a vita con la Mondadori. Chiedo alla polvere caro amico John e la polvere mi risponde: provaci. Avete letto il post e non avete capito nulla? Nemmeno io ma il succo è: leggete Fante. Saluti. Marco
Chiedi alla polvere è una sorta di autobiografia di Fante che nel racconto si fa chiamare Arturo Bandini, giovanotto alla disperata ricerca di un'ispirazione che gli faccia scrivere o il racconto o il libro della vita. Sfaticato, terrorizzato dal sesso e deviato da una forte e superstiziosa educazione cattolica, Fante/Bandini sperimenta la vita giorno per giorno e ogni tanto la butta giù su carta bianca per poi spedire il testo in busta chiusa a qualche editore, sperando che il suo pensiero piaccia. Insomma, è la classica storia di ogni aspirante scrittore, la classica storia in cui immedesimarsi se in fondo, anche se sei un semplice impiegato, da grande sogni segretamente di fare lo scrittore.
Ecco, proprio questo immedesimarmi in Fante (o immedesimarci, amici aspiranti scrittori), mi ha colpito molto, non tanto per i segreti sogni condivisi, quanto per il fatto che Fante/Bandini oggi sia morto e sepolto e che quindi questi suoi sogni e queste sue speranze (per altro realizzate con fama post morte), siano ora vecchi sogni perduti, trasportati dal vento in qualche angolo di cielo. Sarà che qualche giorno fa era il 2 novembre e che mi sentivo malinconico, ma che ne so, mi sono venuti in menti questi sogni di Fante e c'ho visto i sogni di qualsiasi uomo vissuto su questa terra. I nostri sogni. Leggendo il libro ritrovavo la mia e la nostra vita, fatta di piccole cose ma anche di costanza e determinazione (più o meno incanalata nel giusto verso), per realizzare quello in cui crediamo.
Che poi se ci pensi bene, caro amico Fante, che differenza c'è tra sognare in grande e sognare in piccolo? Che cosa cambia per noi, umili sognatori egocentrici, se il nostro racconto sia apprezzato da milioni di persone o da una decina di parenti? Anche un solo complimento, il più stringato, il più diretto, il più inaspettato, ci lusinga e ci gonfia il petto, come se avessimo firmato un contratto a vita con la Mondadori. Chiedo alla polvere caro amico John e la polvere mi risponde: provaci. Avete letto il post e non avete capito nulla? Nemmeno io ma il succo è: leggete Fante. Saluti. Marco
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