Per la serie – finalmente per una volta non ci parli di libri ambientati in Sardegna – eccomi pronto a scrivervi di “Un anno sull’Altipiano”, di un certo Emilio Lussu, credo originario di Trento.
Essendo
il centenario della fine della Prima Guerra Mondiale (novembre 1918), non
potrebbe esserci occasione migliore per parlare di un libro ambientato proprio
durante questa guerra. Per l’esattezza tra il giugno del 1916 e il luglio del
1917. Per la cronaca, l’Italia non se la passava benissimo in quel momento:
solo per dire, ad ottobre del 1917 ci sarebbe stata la famosa battaglia di
Caporetto, con 13.000 morti, 30.000 ferite e 265.000 prigionieri, solo nel
fronte italiano.
Il
romanzo (che non è proprio un romanzo ma una sorta di diario scritto ad anni di
distanza), racconta la vita di trincea dalla parte degli italiani, che
sull’Altipiano di Asiago (e non solo), si fronteggiavano alle truppe
dell’Impero Austroungarico. Nel testo, tutto è vero e crudo, niente è
filtrato e la bravura di Lussu sta nel fatto di descrivere la tragedia della
guerra e della morte, raccontando davvero tutto e riuscendo anche a far
sorridere in qualche occasione. Tra una pagina e l’altra, si passa dalle ferite
cruente, al furto di salumi, dai generali innamorati di se stessi, alle notti
al gelo a bere alcol per riscaldarsi. Uno degli “aneddoti” che mi ha più
colpito è stata la descrizione dello stato d’animo dei soldati, che dalle
postazioni di montagna, osservavano la valle e in lontananza vedevano le città
del Veneto sotto l’Altipiano. Loro erano rintanati in quei buchi scavati nella
roccia mentre in quei paesi lontani, la vita scorreva come sempre, seppur nelle
ristrettezze della guerra. Quei paesi, da lassù, sembravano così vicini che si
poteva quasi toccarli con un dito. Chissà cosa stavano facendo in quel momento
gli abitanti, loro che potevano uscire, cantare, amare, senza la paura di non
vedere il sole del giorno dopo.
Che vi devo dire, battute
per chiudere l’articolo con una risata non me ne vengono. Una riflessione però
voglio farla: si parla tanto (nei libri e in TV) della Seconda Guerra Mondiale
e del Fascismo, si racconta cosa sia accaduto e si spera che non accada più,
giustamente. Ma la Seconda Guerra Mondiale è stata una guerra in cui l’Italia
ha perso e perso male e del ventennio fascista, sono state certamente più le
ombre che le luci. La Prima Guerra Mondiale invece no. E’ stata una vittoria,
sofferta e "mutilata", ma una vittoria. E allora, invece di piangerci
sempre un po’ addosso o pensare solo ad autoflagellarci per le nostre colpe (vere
e presunte), ogni tanto potremmo guardare anche al famoso 15/18 e ricordarci
che prima dell’8 settembre 1943, eravamo stati vincitori di qualcosa e che del
passato si possono ricordare anche gli aspetti positivi, con un pizzico pizzico
di orgoglio per la storia nazionale che non guasterebbe affatto.
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