martedì 21 agosto 2018

Un anno sull'Altipiano di Emilio Lussu. E basta.











Per la serie – finalmente per una volta non ci parli di libri ambientati in Sardegna – eccomi pronto a scrivervi di “Un anno sull’Altipiano”, di un certo Emilio Lussu, credo originario di Trento.



Essendo il centenario della fine della Prima Guerra Mondiale (novembre 1918), non potrebbe esserci occasione migliore per parlare di un libro ambientato proprio durante questa guerra. Per l’esattezza tra il giugno del 1916 e il luglio del 1917. Per la cronaca, l’Italia non se la passava benissimo in quel momento: solo per dire, ad ottobre del 1917 ci sarebbe stata la famosa battaglia di Caporetto, con 13.000 morti, 30.000 ferite e 265.000 prigionieri, solo nel fronte italiano.


Il romanzo (che non è proprio un romanzo ma una sorta di diario scritto ad anni di distanza), racconta la vita di trincea dalla parte degli italiani, che sull’Altipiano di Asiago (e non solo), si fronteggiavano alle truppe dell’Impero Austroungarico. Nel testo, tutto è vero e crudo, niente è filtrato e la bravura di Lussu sta nel fatto di descrivere la tragedia della guerra e della morte, raccontando davvero tutto e riuscendo anche a far sorridere in qualche occasione. Tra una pagina e l’altra, si passa dalle ferite cruente, al furto di salumi, dai generali innamorati di se stessi, alle notti al gelo a bere alcol per riscaldarsi. Uno degli “aneddoti” che mi ha più colpito è stata la descrizione dello stato d’animo dei soldati, che dalle postazioni di montagna, osservavano la valle e in lontananza vedevano le città del Veneto sotto l’Altipiano. Loro erano rintanati in quei buchi scavati nella roccia mentre in quei paesi lontani, la vita scorreva come sempre, seppur nelle ristrettezze della guerra. Quei paesi, da lassù, sembravano così vicini che si poteva quasi toccarli con un dito. Chissà cosa stavano facendo in quel momento gli abitanti, loro che potevano uscire, cantare, amare, senza la paura di non vedere il sole del giorno dopo.

Che vi devo dire, battute per chiudere l’articolo con una risata non me ne vengono. Una riflessione però voglio farla: si parla tanto (nei libri e in TV) della Seconda Guerra Mondiale e del Fascismo, si racconta cosa sia accaduto e si spera che non accada più, giustamente. Ma la Seconda Guerra Mondiale è stata una guerra in cui l’Italia ha perso e perso male e del ventennio fascista, sono state certamente più le ombre che le luci. La Prima Guerra Mondiale invece no. E’ stata una vittoria, sofferta e "mutilata", ma una vittoria. E allora, invece di piangerci sempre un po’ addosso o pensare solo ad autoflagellarci per le nostre colpe (vere e presunte), ogni tanto potremmo guardare anche al famoso 15/18 e ricordarci che prima dell’8 settembre 1943, eravamo stati vincitori di qualcosa e che del passato si possono ricordare anche gli aspetti positivi, con un pizzico pizzico di orgoglio per la storia nazionale che non guasterebbe affatto.





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