Andare in macchina in Salento, è una sensazione che almeno una
volta nella vita va vissuta. Come un pellegrinaggio a La Mecca per ogni
musulmano o il rafting alle Cascate delle Marmore per ogni romano che abbia un
minimo di spirito d’avventura. Che tu scelga di passare per Napoli o tagliare
per Benevento (ovviamente il mio viaggio immaginario parte sempre da Roma),
arrivato al cartello verde che sbarra la Campania e ti accoglie in Puglia, il
tuo cuore avrà il primo sussulto. Cavolo, almeno sono arrivato fino a qui! Ma la
Puglia non è come il Lazio, che in due ore di autostrada te lo lasci alle
spalle, la Puglia non finisce mai e sei hai la sfortuna di beccare anche il
traffico estivo di chi va al mare, la Puglia, oltre che non fine mai, diventa
anche un incubo, che nemmeno un Ardeatina – Tiburtina carreggiata esterna del
Gra può competere.
Arrivato a Lecce sei
convinto di essere finalmente vicino allo spogliarti e buttarti “ammare”, a
prescindere che siano le undici del mattino o di sera. Ma è ancora qui che ti
sbagli, perché adesso la Puglia è finita si, ma sei in Salento, e non che anche
il Salento scherzi a distanze. Lecce – Leuca è un’altra ora di superstrada, una
spada grigia che taglia campi arsi dal sole, ulivi che ti sembrano meravigliosi
ma che se entri in qualche stradina laterale ne trovi di ancora più belli e
cartelli che ti parlano di nomi di paesini che sembrano usciti da qualche saga
fantasy o semplicemente inventati da un bambino di cinque anni. Il Salento
estivo è un posto magico e affascinante. Il mare è un sogno, la gente è
cordiale, il pesce è buono per essere buono. Se non ci siete mai stati e tutti
ve ne hanno parlato bene, fidatevi. Almeno una volta nella vostra vita, ci
dovete andare. E andateci, su!
Ma il Salento è così bello, che quasi varrebbe
la pena di vederlo anche sotto un altro punto di vista. Quello delle tre
stagioni che non sono estate. Dell’autunno piovoso, dell’inverno dal vento
freddo e della primavera dei primi soli caldi e dei fiori allegri. Questo Salento
io non l’ho mai visto, e come me, forse tutti quelli che in Salento ci sono
stati nei mesi più caldi. Aspettando che l’ispirazione per questo viaggio
autunnale mi colga fecondo, nel frattempo Gianluca Gulluni, nel suo “Il sindaco
e il paziente” (Scriptalab edizioni), mi ha dato modo di immergermi, dalla
poltrona di casa, nelle atmosfere di un Salento atipico, che il turista non
conosce e di cui la televisione non parla mai. Ma l’ho detto prima, il Salento
è grande, e Gianluca non parla mica di tutto il Salento, ma di uno spicchio di
terra affacciato sull’Adriatico, di poche piccole torri, di paesini che gli
abitanti li conti come l’appello della scuola media, di strade che a farle tre
volte ad andare e tornare già le conosci come c’avessi sempre vissuto. In questo
microcosmo nel microcosmo, Gianluca ci costruisce un romanzo che si svela pian
piano sotto gli occhi del lettore, che ti parla di uno spaccato di estrema
Italia che nessuno ti ha mai raccontato così e di vite intrecciate in altre
vite, che lui con abile fantasia cuce e scioglie. A tratti, la sua scrittura
ricorda Sciascia, con quel vocabolario misto di italiano e dialetto, quelle
descrizioni dei personaggi così rapide, che in due righe ti racconta tutta la
loro vita e hai l’impressione di sapere già tutto di quella persona.
Ma non svelerò
nulla della trama, né dei protagonisti, né di altro. Ci sono tanti modi per
attirare l’attenzione di un possibile lettore su un libro ed io ho scelto
quello della curiosità per una cornice. La cornice in cui questa storia è
raccontata: il Salento che c’è ma non si vede, le montagne innevate dell’Albania
che son lì che le potresti quasi toccare con un dito, il rumore della risacca del
mare che è qui sotto di noi ma è tanto buio che puoi solo immaginarlo. La
cornice di un’Italia che non puoi mica dirlo se davvero sei qui o in un altro
mondo, la cornice di un mare che oggi è tuo ma ieri era di antichi popoli che
hanno scritto la loro e la tua storia, la cornice di un cielo che da’ la vita e
porta la morte, in una terra che è l’estremo lembo di un Paese decaduto e allo
stesso tempo il centro del mondo. Réclame.