Ho sempre diffidato delle
classifiche dei libri più venduti, o peggio ancora, dei “dieci libri
consigliati” in una libreria. E’ vero che un libro è un libro, che basta
leggere che si impara comunque qualcosa, ma un conto è leggere quello che ci
piace, un conto è leggere quello che ci viene imposto. Se ci pensate, tutti
noi durante la vita, leggiamo più o meno gli stessi libri; da quando a
scuola ci impongono i soliti romanzi da almeno quarant’anni, a quando in una
libreria, chiediamo un consiglio su un libro da regalare e ci vengono proposti
sempre tre/quattro nomi degli autori di moda in quel momento. Ripeto, non è
che sia sbagliato di base, ma a me non piace l’idea che ci debba essere
qualcuno che decida per me, cosa è un "capo-lavoravo della letteratura" e cosa
no. Ecco perché ogni tanto vado in biblioteca e mi trasformo in rabdomante, che
tra le migliaia di libri impilati in freddi ripiani di alluminio, cerca quel volume
che lo attiri, che gli chieda semplicemente: “Scegli me, leggimi”. Attenzione,
è importante scegliere la biblioteca e non la libreria, sempre per il principio
che in libreria tenderemmo a scegliere un libro che viene messo in prima fila
da altri, non dal caso, come in una biblioteca (che al massimo usa come guida l’ordine
alfabetico).
Ed eccomi finalmente al motivo di questo post: l’elogio smodato de
“L’Isola delle femmine” di Domenico Campana, giunto tra le mie mani proprio dopo qualche minuto di riflessione tra i piccoli corridoi della
biblioteca che frequento. Che bella la copertina. Intrigante anche il titolo. Speriamo
che mi colpisca anche la sinossi e stiamo a posto. Allora: “Primi anni del
Regno d’Italia. Il questore di Palermo viene trovato morto in una casa di
piacere. Un semplice incidente? Il delegato di polizia giunto da Roma non la
pensa così (...)”. Perfetto! E’ un giallo e quindi mi incuriosisce; c’è un po’ di
storia d’Italia e quindi un punto in più; ambientato in una città che non conosco
quindi voglia di scoprirla; e infine il protagonista è pure romano. Sei mio. E così
è stato.
Solo leggendolo ho poi scoperto che il libro è appassionante davvero. Scritto in
un italiano molto elegante e quasi più vicino ad un saggio sullo spirito umano
che ad un racconto giallo. Diciamo subito che l’assassino si scopre a metà
libro, ma questo non rende l’altra metà noiosa anzi, è tutto un susseguirsi di
nuove scatole cinesi che si aprono ed esami di coscienza del suddetto romano,
che alla fine scoprirà di essere ormai troppo legato a quella città (Palermo),
per poter pensare di vivere altrove.
Eccovi dunque un consiglio riassuntivo:
ogni tanto, leggete o comprate un libro che nessuno ha letto, che nessuno vi
consiglia e del quale, come in questo caso, l’autore non ha nemmeno una pagina
bibliografica su Wikipedia (bleah, che sfigato!). Non è detto che vi dica sempre bene
ovvio, mica tutti i libri che nessuno legge devono essere per forza capolavori,
ma in fondo, tra l’ennesimo libro di Volo, Camilleri, Manfredi ecc... (che mica
sto a di' che so pippe è, magara venderebbe come loro), se per una volta
leggeste qualche sconosciuto, rischierete solo di restare piacevolmente
sorpresi. Montalbano sono.
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