domenica 14 febbraio 2016

A San Valentino regala un libro. Però buttati su Alberto Angela che è meglio.



Un giorno decisi che era tempo di approfondire la storia di Roma antica, così comprai un bel librone che me la riassumesse e che mi facesse tornare alla memoria tutti quei nomi di re ed imperatori che troppo velocemente al liceo avevo studiato. Lessi dei Gracchi e di Cesare, di Romolo e di Augusto, di Adriano e di Costantino. E poi, relegato in una paginetta, in un periodo per Roma in cui si susseguivano ammazzamenti ed incoronamenti, trovai Eliogabalo. Sesto Vario Avito Bassiano, per gli amici Eliogabalo, era nato a Roma (almeno così dice Wikipedia), dalla dinastia dei Severi ma aveva origini siriane, in particolare della città Emesa, oggi conosciuta come Homs, non molto lontano dalla tristemente nota Palmira, patrimonio dell'Unesco, ora preda dei saccheggi dell'isis e dei sui seguaci, probabilmente non amanti dell'archeologia e della bellezza in generale.

Eliogabalo, nonostante il piccolo spazio sul libro, non fu un imperatore come gli altri. Per carità, tutti avevano le loro turbe, le loro manie, i loro pazzi progetti, ma Eligabalo, che regnò dal 218 al 222 d.C., li batteva tutti. Ebbe varie mogli e anche qualche marito, tanto per restare emancipato al punto giusto, e lo scopo del suo breve regno (e breve vita) fu quello di sfruttare la sua carica per portare a Roma il culto della sua città d'origine, una sorta di adorazione del sole, con annesso pezzo di meteorite conservato in tempio sacrissimo. I romani non erano certo digiuni di dei particolari e di esaltati esaltatori ma l'idea di far scalare la loro gerarchia di dee e dei, ad un pezzo di pietra, non andò giù a molti (più che altro i senatori, che con Eliogabalo persero il potere). L'adorazione di questa pietra, inoltre, portava come accessorio, tutta una serie di riti a sfondo sessuale, in cui Eliogabalo, degno sacerdote, eccelleva, interessato più che altro ad accoppiarsi e a farsi accoppiare, che a governare il suo impero.

Nella mia sete di torbido e gossip archeologico, ho provato a capirne di più sul morigerato imperatore e ho letto “Eliogabalo” di Antonin Artaud, libro che spassionatamente non consiglio, né per approfondire la storia romana né per leggerlo a mo' di fiaba della buonanotte. Artaud sembra voler, più che raccontarci Eliogabalo, quasi farsi possedere dal suo spirito e scrivere di getto tutto quello che gli passa per testa, presentando il suo pupillo come un anarchico ante-litteram. Anarchico di se stesso più che per il popolo. Che Artaud non sarebbe stato per me, il Piero Angela della situazione, lo avrei forse dovuto capire dalla dedica del libro: “ai mani d'Apollonio di Tiana, all'anarchia e alla guerra, agli Antenati, agli Eroi del senso antico e ai mani dei Grandi Morti”. Bé caro Antonin, proprio bene bene non dovevi stare, degno biografo di degno imperatore.

Questa mia dunque, non è tanto per pubblicizzarvi Artaud, che non metto in dubbio sarà stato un maestro e un grande scrittore, ma per spronarvi a leggere qualcosa in più su Roma (o sulla vostra città). Quale soddisfazione maggiore sarò per voi, girare per il centro e riconoscere monumenti e nomi di imperatori sui cartelli delle vie? Non tutti i protagonisti saranno fighi come Adriano o come Cesare, ma mal che vada, avrete scoperto qualcosa in più sulla storia della vostra città che è, in fondo, la storia di chi siete oggi e da dove venite. Ave lungotevere bloccato, automobilisti te salutant.

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