domenica 19 maggio 2013

Eravamo noi e Mario Balotelli in cammino


Tra i generi letterari più amati (quanto meno da me), spicca senz’altro il “romanzo storico”, ovvero la ripropozione di fatti, personaggi, eventi, realmente accaduti, raccontati in un romanzo e fusi tra loro con un pizzico di fantasia e qualche cosa di inventato. Il problema del romanzo storico però, è che per esser definito tale, deve trattare di eventi accaduti almeno qualche decennio fa (per esempio oggi si potrebbe già scrivere un bel romanzo storico, che so, sulle Olimpiadi di Roma del 1960). Quando invece si racconta di eventi di una decina d’anni fa, come si può definire il romanzo?
E’ il caso di “Erano solo ragazzi in cammino” dell’americano Dave Eggers, che racconta la biblica avventura di Valentino Achak Deng, un rifugiato politico sudanese, fuggito una quarantina di volte alla morte ed ora responsabile di una fondazione americana, impegnata proprio nell’aiutare i rifugiati sudanesi, in Africa e nel mondo. Se andate su Wikipedia e cercate “Guerra del Darfur”, troverete informazioni sui tre anni di guerra civile (2003-2006) e potrete ricostruire la storia politica, economica e umanitaria del conflitto. Quello che non troverete è invece la vera storia, le vere storie, delle migliaia di morti, dispersi e rifugiati, che quella guerra l’hanno vissuta quotidianamente e che questo libro cerca di raccontare. “Cerca” è in realtà un termine ingiusto, bisognerebbe dire “riesce” a raccontare. Perché le quasi 600 pagine del libro sono la sintesi perfetta di tanti racconti di vite che l’autore ha condensato e ha romanzato in un’opera che trasmette le stesse sensazioni e le stesse emozioni vissute realmente dai protagonisti.
Erano solo ragazzi in cammino” non potrebbe essere titolo più evocativo. La nuda e cruda esperienza di un gruppo composto da migliaia di bambini che partono da un villaggio del Sud del Sudan e per scappare dalla guerra e dalla morte si incamminano verso l’Etiopia, attraverso foreste, leoni, soldati, fame vera e notti nere senza speranza. Poi, per chi è riuscito a sopravvivere, la vita nei campi profughi, ogni giorno che si ripete sempre uguale, la miseria di un pasto al giorno ma l’orgoglio e la fierezza di cercare anche lì di crearsi una vita, la propria indipendenza, alimentare un sogno, anche il più piccolo.

Leggi il libro, più o meno tutto di un fiato e poi ti fai un bel esamino di coscienza e realizzi che non solo fai parte della specie umana e quindi anche per questo dovresti sentirti un po’ una merda, ma soprattutto ti vien voglia di fare qualcosa per queste persone, ma a quel punto ti senti ancora più una merda, perché sai già che non lo farai. Infine, guardi la copertina del libro e hai l’impressione che la figura che hai lì davanti, assomigli un sacco a Mario Balotelli. E così realizzi che nella vita, in fondo, è solo una questione di fortuna. Qualsiasi sia la tua storia e qualsiasi cosa tu abbia vissuto o superato per arrivare ad essere quello che sei (un calciatore o il responsabile di una fondazione umanitaria), quel che conta è che tu sappia sfruttare la tua occasione ed essere felice di quello che hai. Perché in fondo, tra quei ragazzi in cammino, è stato solo un fortuito caso che non ci fossimo anche noi.

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