martedì 14 maggio 2013

Sangue, neve e corna: vi presento il dottor Zivago


Quand’è stata l’ultima volta che avete letto un libro e poi, presi da irresistibile curiosità, siete andati a vedere il film che ne era stato ricavato? Non vi sforzate troppo, non mi interessa sapere di quale libro si trattava, mi interessa sapere che lo avete fatto. Perché lo avete fatto. E’ l’assioma del lettore. E allora alzate la mano e ditemi quante volte avete visto il film e siete stati presi da un senso di profonda delusione? Tante, troppe. Chissà, forse perché quell’attore non centrava nulla con l’immagine che voi avevate dato al protagonista, o forse perché nel film mancavano degli episodi che per voi, nel libro, assumevano un senso che non poteva essere omesso.
La prima ed unica volta (visto che non ho tendenze suicide) che ho letto “Il Dottor Zivago” di Boris Pasternak (До́ктор Жива́го, qualora leggeste il russo), ho provato anch’io l'irresistibile voglia di vedere il film, spinto dalla curiosità non solo di scoprire quali volti erano stati dati ai circa nove milioni di personaggi del libro, ma anche per capirci qualche cosa del libro stesso, visto che, delle settecento pagine che lo compongono, delle prime cento non c’avevo capito nulla (troppi personaggi in cerca d’autore). A dirla tutta, il film del Dottor Zivago, se avete prima letto il libro, è una delusione mostruosa e contiene tutte le caratteristiche negative suddette, soprattutto la malsana idea di non trasportare in pellicola interi capitoli del libro, che del libro, a mio avviso, ne sono l’essenza.
Partendo quindi dal presupposto che il film non va visto, il libro resta un vero e proprio capolavoro, non solo per la ricostruzione storico/romanzata di vent’anni di storia russa, ma per la maestria con la quale Pasternak descrive gli ambienti e i paesaggi dove i personaggi si muovono. La trama è semplice: Jurij Zivago, che da grande farà il medico (come il titolo suggerisce), nel frattempo che è piccolo viene adottato da una famiglia, famiglia nella quale c’è una bambina, Tonja, che anni dopo diventerà felicemente moglie di Zivago. Quando scoppia la Grande Guerra, Zivago, che intanto è diventato medico, va al fronte e lì incontra l’infermiera Lara, della quale, a sorpresa, s’innamora. La vita continua e Zivago torna dalla moglie mentre Lara sposa Pasa, un giovane rivoluzionario, bruciato dalla passione politica e dalla passione per lei. Peccato che però, quando Tonja va a Parigi per fuggire alla miseria, casualmente Zivago rincontri Lara e sempre casualmente riscoppi la passione, alla faccia della moglie in pensiero a Parigi e del rivoluzionario di belle speranze. Tra gelo siberiano e lupi affamati, non svelo il finale ma chiudo raccontando un piccolo aneddoto.
Il Dottor Zivago” fu scritto in russo ma venne pubblicato per la prima volta in italiano, da Feltrinelli, nel 1957. Pasternak,vista la traccia del romanzo palesemente contro la rivoluzione comunista, non poté pubblicare in patria, e riuscì a spedire il manoscritto a Feltrinelli, che ne intuì il potenziale e che lo pubblicò immediatamente (nonostante il partito comunista italiano avesse storto il naso). Il libro fu un successo e l’anno successivo Pasternak vinse il Nobel per la letteratura. Dovette però scegliere. Andare a ritirare il premio avrebbe significato gloria ma anche non poter più rientrare in patria, dalla quale sarebbe stato esiliato. Pasternak scelse di restare in Russia e dopo soli due anni morì, tra l’indifferenza del governo sovietico e la sileziosa ammirazione del resto del mondo.

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